- I dieci anni del “testo unico” di salute e sicurezza sul lavoro
Il decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, entrato in vigore il 15 maggio del 2008, ha appena compiuto 10 anni e si presta, quindi, a qualche riflessione in ordine alla sua efficacia in termini di riduzione di infortuni e malattie professionali e anche rispetto a quanto è stato in questi anni fatto e ciò che, invece, manca.
Dal primo punto di vista l’effetto della normativa sulla riduzione degli infortuni è stato positivo anche se i dati ufficiali INAIL – che si possono visionare nell’ambito del Rapporto annuale disponibile sul sito www.inail.it – relativi al 2017 (e, come noto, sempre riferiti all’anno precedente, quindi al 2016) evidenziano per la prima volta da dieci anni a questa parte un aumento del numero complessivo di infortuni sul lavoro (pari allo 0,66 in più rispetto al 2016) e anche se il numero di decessi per malattie professionali è giunto a ben 1297, con un aumento di malattie riconosciute dall’INAIL negli anni tra il 2011 e il 2016 ben oltre il 50%. Dunque, il costo sociale degli infortuni e delle malattie professionali rimane altissimo e solo in parte ridotto (in relazione, si ripete, agli infortuni sul lavoro e non anche alle malattie professionali) a seguito dell’entrata in vigore del “testo unico” di salute e sicurezza sul lavoro. Infatti, nel 2008 gli infortuni sul lavoro denunciati all’INAIL erano oltre un milione mentre nel 2017 (riferiti al 2016) sono stati 642.000. I dati del 2018 (in relazione agli infortuni del 2017) dovrebbero essere pubblicamente presentati da INAIL in giugno.
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L’attuazione del d.lgs. n. 81/2008: il sistema istituzionale
Dal secondo punto di vista va innanzitutto compreso se il sistema pubblico relativo alla salute e sicurezza sul lavoro delineato dal “testo unico” sia stato in questi dieci anni effettivamente e completamente reso operativo. La risposta, purtroppo, è negativa.
Infatti, in estrema sintesi:
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il Comitato per l’indirizzo e la valutazione delle politiche attive e per il coordinamento nazionale delle attività di vigilanza (articolo 5 del d.lgs. n. 81/2008), che avrebbe dovuto svolgere la funzione di “cabina di regia della sicurezza” indicando le linee nazionali per le politiche di prevenzione e quelle di azione della vigilanza delle ASL (oggi spesso denominate a livello territoriale ATS), ha funzionato presso il Ministero della salute solo tra il 2012 e il 2015 e da allora non si è più riunito. Ciò ha favorito la notevole diversità tra le azioni di prevenzione e vigilanza tra le Regioni o, addirittura, all’interno della stessa Regione tra varie ASL, fenomeno ben conosciuto dagli operatori della salute e sicurezza sul lavoro;
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La Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro prevista dall’articolo 6 del d.lgs. n. 81/2008, sede per il confronto tra associazioni datoriali, sindacali, Stato e parti sociali e composta paritariamente da rappresentanti di tali soggetti è stata costituita con D.M. 3 dicembre 2008 e da allora si è riunita con cadenza regolare (tendenzialmente mensile) effettuando – alla data del 29 maggio 2013 (circostanza che si evince dalla lettura della “strategia nazionale” della sicurezza approvata dalla Commissione nella data in ultimo citata e pubblicata nell’area “salute e sicurezza” del sito www.lavoro.gov.it) – 40 sedute, nelle quali sono stati discussi temi talvolta di ampia portata quali, ad esempio, la salute e sicurezza nelle scuole e le malattie professionali, e sono stati approvati un numero rilevante di documenti. Il d.lgs. 151/2015, attuativo del “Jobs act”, all’articolo 20, ha apportato rilevanti modifiche a composizione e competenze della citata Commissione e da allora, a seguito del decreto ministeriale 15 luglio 2014 di ricostituzione, essa ha continuato ha operare in modo molto rallentato rispetto al passato (ad esempio, la “nuova” Commissione consultiva non ha “validato”, a differenza di quanto fatto dalla precedente, nessuna “buona prassi”);
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I comitati regionali di coordinamento (articolo 7 del d.lgs. n. 81/2008), ai quali viene attribuito il compito di coordinare a livello regionale le azioni di prevenzione e vigilanza, nell’ottica della sussidiarietà e del coordinamento sul territorio italiano degli interventi in materia di salute e sicurezza sul lavoro e per realizzare l’uniformità dei medesimi assicurando il raccordo con il Comitato di cui all’articolo 5 e con la Commissione di cui all’articolo 6, sono stati costituiti in tutte le Regioni italiane ma si riuniscono con varie periodicità e con risultati molto diversi nelle varie Regioni e nelle differenti realtà territoriali;
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L’articolo 8 del d.lgs. n. 81/2008 identifica, quale strumento operativo indispensabile per il corretto assetto istituzionale delineato dal “testo unico” di salute e sicurezza sul lavoro il nuovo Sistema informativo nazionale per la prevenzione (anche conosciuto con l’acronimo SINP). Si tratta di una banca dati condivisa tra i diversi attori pubblici (Ministeri, Regioni, Enti), alla quale partecipano anche le parti sociali attraverso la periodica consultazione dei flussi informativi, diretta ad orientare, programmare, pianificare e valutare l’attività di prevenzione, nonché ad indirizzare gli interventi di vigilanza integrata. ll SINP – il cui decreto interministeriale è stato approvato con Decreto 25 maggio 2016, n. 183 – non è ancora di fatto operativo;
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La commissione per gli interpelli, che risponde su quesiti di ordine generale in materia di salute e sicurezza sul lavoro fornendo su tali questioni “criteri interpretativi e direttivi per l’esercizio delle attività di vigilanza”, sia delle ASL che delle Direzioni Territoriali del Lavoro (quindi, con le nuove denominazioni, rispetto alle ATS e all’Ispettorato Nazionale del lavoro), istituita con Decreto Direttoriale del 28 settembre 2011, ha da allora pubblicato molte risposte (tutte disponibili nella già segnalata sezione del sito ufficiale del Ministero del lavoro), particolarmente importanti al fine di rendere omogenea l’interpretazione – sui temi oggetto di interpello – degli organi di vigilanza sul territorio nazionale ma ha notevolmente rallentato le proprie attività negli ultimi mesi;
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Le attività promozionali di cui all’articolo 11 del “testo unico”, volte a potenziare la conoscenza della importanza del tema della salute e sicurezza sul lavoro presso le imprese e i lavoratori e realizzate essenzialmente, oltre che dai Ministeri competenti per le singole materie (in primis, quindi, dal Ministero del lavoro e dal Ministero della salute), dall’INAIL e dalle Regioni, sono state finanziate dallo Stato solo fino al 2014 e ad oggi non se ne ha più notizia.
Infine, va rimarcato come il “testo unico” di salute e sicurezza sul lavoro preveda una serie di provvedimenti di attuazione, molti dei quali mancano a distanza di 10 anni. Tra di essi particolarmente importanti sono i decreti relativi alla qualificazione delle imprese negli appalti di lavori, servizi e forniture e alla “patente a punti” in edilizia (articolo 27 del d.lgs. n. 81/2008), ma vanno anche citati l’Accordo sulla formazione dei lavoratori negli “ambienti confinati” e il decreto di regolamentazione del Fondo di sostegno alle rappresentanze sindacali e alla pariteticità (articolo 52 del d.lgs. n. 81/2008) che avrebbe dovuto finanziare le attività di organismi paritetici e RLST.
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Considerazioni conclusive
Dalla breve ricognizione qui operata emerge un decennio di luci e ombre del d.lgs. n. 81/2008, normativa sicuramente di alto livello ma largamente incompleta e, soprattutto, interpretata in modo troppo disomogeneo e diversificato sul territorio nazionale e dagli organi di vigilanza. L’auspicio di chi scrive è che nei prossimi mesi ci sia un “rilancio” del tema della salute e sicurezza da parte dei Ministeri e delle Amministrazioni competenti e, di conseguenza, che ciò fornisca una spinta significativa alla corretta attuazione in qualunque luogo di lavoro delle procedure a tutela della incolumità delle persone che lavorano.