L’avvento della bella stagione porta, gli operatori del settore, ad interrogarsi su quale siano le tutele da realizzare per i lavoratori cosiddetti stagionali. Come possiamo applicare le disposizioni in esame a coloro che sono connotati da una estemporaneità nella esecuzione del loro lavoro? Cosa si intende per lavoratore stagionale?

Come ampiamente risaputo, le vigenti disposizioni prevenzionali, si applicano in maniera universale a tutti i lavoratori, a tutti i rischi lavoratori ed a tutti i settori lavorativi. Questo implica da parte del Datore di lavoro una attenzione maggiore nei confronti di quelle forme contrattuali caratterizzate da una estemporaneità dello svolgimento della prestazione lavorativa.

Prestazione lavorativa che deve essere oggetto, ovviamente, di accurata ed attenta valutazione del rischio tenuto conto, però, della specifica tipologia contrattuale attraverso cui viene resa la prestazione richiesta.

Tele principio è sancito e richiamato all’interno dell’art. 28, comma 1.

La valutazione di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a), anche nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o dei preparati chimici impiegati, nonché nella sistemazione dei luoghi di lavoro, deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato, secondo i contenuti dell’accordo europeo dell’8 ottobre 2004, e quelli riguardanti le lavoratrici in stato di gravidanza, secondo quanto previsto dal decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, nonché quelli connessi alle differenze di genere, all’età, alla provenienza da altri Paesi e quelli connessi alla specifica tipologia contrattuale attraverso cui viene resa la prestazione di lavoro

Ma come adoperarsi nella massima tutela prevenzionale nei confronti dei richiamati lavoratori stagionali?

La risposta arriva dal DM 27.03.2013 (G.U. n. 86 del 12 aprile 2013). Attraverso detto provvedimento il Ministero ha fornito una importante specificazione su chi possa essere considerato come tale.

Tutti coloro svolgano la loro attività, presso la stessa azienda, un numero di giornate non superiori a cinquanta nell’arco dell’anno.”

Unica condizione è che le lavorazioni siano generiche e semplici e non richiedano specifici requisiti professionali. Questa ultima definizione lascia perplessi perché la generalità del contenuto è tale che potrebbe dare adito a mille (pericolose) interpretazioni visto che il tutto fa riferimento anche ai lavoratori agricoli.

Per ciò che concerne la sorveglianza sanitaria, gli adempimenti a tal proposito possono essere effettuati mediante visita preventiva, da effettuarsi a cura del medico competente ovvero dal dipartimento di prevenzione della ASL. La durata è biennale e consente al lavoratore di prestare la sua attività, senza ulteriori accertamenti medici.

Gli Enti Bilaterali e/o gli Organismi Paritetici possono adottare iniziative, in tal senso, utilizzando lo strumento della convenzione finalizzato all’assolvimento dell’obbligo in materia di sorveglianza sanitaria.

In presenza di detta convenzione il medico competente non è tenuto ad effettuare la visita degli ambienti di lavoro ed il giudizio di idoneità opera nei confronti di tutti i datori di lavoro convenzionati.

Per ciò che concerne la formazione il decreto riserva indicazioni altrettanto “alternative” rispetto alla prassi consolidata ed alle modalità contenutistiche e di gestione richiamate negli Accordi Stato Regione ben noti agli operatori di settore.

Gli stessi, adempimenti formativi, si considerano assolti, mediante consegna al lavoratore di appositi documenti certificati dalle ASL ovvero dagli Enti Bilaterali, che contengano indicazioni idonee a fornire conoscenze per l’identificazione, la riduzione e la gestione del rischio nonché trasferire indicazioni procedurali per la gestione dei rischi sul lavoro.

Fabrizio BOTTINI