Il telelavoro può essere definito un tipo di lavoro caratterizzato dall’impiego di tecnologie informatiche e telematiche, effettuato a distanza dalla sede centrale dell’azienda, con la quale il prestatore è collegato on-line o off-line (In questi termini, per tutti, M. Lepore, La sicurezza e la tutela della salute dei telelavoratori. L’accordo europeo del 16 luglio 2002, in ADL, 813 2002, pagina 813, ed ivi ampie indicazioni dottrinali; cfr. la definizione contenuta, per la pubblica amministrazione, all’articolo 2 del d.P.R. n. 70/1999). Esso va differenziato dal c.d. smart working, che ha avuto una sua recente e specifica regolamentazione legale per mezzo del d.lgs. n. 81/2017, in quanto il telelavoro si svolge solo in un luogo predeterminato, che costituisce quindi una vera e propria postazione di lavoro, mentre lo smart working potenzialmente potrebbe svolgersi ovunque il lavoratore ritenga di operare.

Il telelavoro – particolarmente diffuso in Europa (molto meno in Italia) in quanto corrisponde a esigenze di conciliazione casa/lavoro che si atteggiano come particolarmente efficaci rispetto a determinate categorie di lavoratori, quali le lavoratrici con figli o i lavoratori che hanno perso parte della capacità lavorativa e preferiscono evitare spostamenti tra la casa e il lavoro – impone all’operatore della salute e sicurezza la conoscenza di una normativa specifica di regolamentazione e la sua concreta ed efficace applicazione.

L’articolo 3, comma 10, del d.lgs. n. 81/2008 dispone, infatti, quanto segue: “A tutti i lavoratori subordinati che effettuano una prestazione continuativa di lavoro a distanza, mediante collegamento informatico e telematico, compresi quelli di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 70, e di cui all’Accordo-Quadro Europeo sul telelavoro concluso il 16 luglio 2002, si applicano le disposizioni di cui al Titolo VII, indipendentemente dall’ambito in cui si svolge la prestazione stessa. Nell’ipotesi in cui il datore di lavoro fornisca attrezzature proprie, o per il tramite di terzi, tali attrezzature devono essere conformi alle disposizioni di cui al Titolo III. I lavoratori a distanza sono informati dal datore di lavoro circa le politiche aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro, in particolare in ordine alle esigenze relative ai videoterminali ed applicano correttamente le Direttive aziendali di sicurezza. Al fine di verificare la corretta attuazione della normativa in materia di tutela della salute e sicurezza da parte del lavoratore a distanza, il datore di lavoro, le rappresentanze dei lavoratori e le autorità competenti hanno accesso al luogo in cui viene svolto il lavoro nei limiti della normativa nazionale e dei contratti collettivi, dovendo tale accesso essere subordinato al preavviso e al consenso del lavoratore qualora la prestazione sia svolta presso il suo domicilio. Il lavoratore a distanza può chiedere ispezioni. Il datore di lavoro garantisce l’adozione di misure dirette a prevenire l’isolamento del lavoratore a distanza rispetto agli altri lavoratori interni all’azienda, permettendogli di incontrarsi con i colleghi e di accedere alle informazioni dell’azienda, nel rispetto di regolamenti o accordi aziendali”.

Ricalcando alla lettera quanto previsto, in sede comunitaria, dall’Accordo – quadro del 16 luglio 2002 e, in sede nazionale, dall’Accordo interconfederale del 9 giugno 2004, il comma in commento statuisce quindi che il telelavoro vada autorizzato per mezzo di una vera e propria ispezione presso il luogo in cui deve svolgersi la prestazione e garantendo comunque la sorveglianza sanitaria, misura obbligatoria per il rischio da uso del videoterminale (Titolo VII del d.lgs. n. 81/2008). Ne deriva che il lavoratore non può svolgere la propria prestazione lavorativa se non ha effettuato la prevista visita medica di idoneità. E’, altresì, disposto che l’accesso al domicilio del telelavoratore subordinato (unico soggetto al quale si riferisce la norma) non possa avvenire se non con preavviso e previo consenso del lavoratore, nei limiti di quanto previsto dalla normativa nazionale e dalla contrattazione collettiva; al telelavoratore, a sua volta, è riconosciuto il diritto di chiedere ispezioni sulla sua postazione lavorativa.

La nuova disposizione legislativa riporta fedelmente quanto previsto dai citati accordi anche con riferimento all’obbligo di rispettare tutta la normativa sui videoterminali di cui al Titolo VII, all’obbligo di fornire attrezzature di lavoro conformi alle disposizioni di cui al Titolo III, all’obbligo di informare i lavoratori circa le politiche aziendali in materia di sicurezza sul lavoro e all’adozione di misure dirette a prevenire l’isolamento del telelavoratore rispetto ai colleghi che lavorano nei locali dell’azienda, permettendo di incontrarsi con loro e di accedere alle informazioni dell’azienda, nel rispetto dei regolamenti e degli accordi aziendali.

Diverse da quelle previste per i telelavoratori subordinati sono, invece, le tutele prevenzionistiche statuite nei confronti dei telelavoratori autonomi e parasubordinati, per quanto simili situazioni siano assai meno frequenti nella pratica rispetto al telelavoro reso dal lavoratore dipendente dell’azienda.

Nel panorama normativo previgente all’entrata in vigore del d.lgs. n. 81/2008, nei confronti dei telelavoratori autonomi trovava applicazione soltanto l’articolo 7 del d.lgs. n. 626/1994, nei casi in cui i lavoratori svolgessero la prestazione di lavoro, o parte di essa, in ambienti di pertinenza del datore di lavoro committente prevedendosi quindi che il datore di lavoro committente valutasse l’idoneità tecnico-professionale del telelavoratore, gli fornisse dettagliate informazioni sui rischi esistenti e garantisse cooperazione e coordinamento finalizzati a eliminare o ridurre al minimo i rischi interferenziali. Poiché il “testo unico” ha rimodulato e ampliato le tutele prevenzionistiche previste a favore dei lavoratori autonomi, anche nei confronti dei telelavoratori autonomi troverà applicazione quanto statuito dall’articolo 21, commi 1 e 2, del nuovo testo di legge, con riferimento alla obbligatorietà di uso di attrezzature di lavoro e dispositivi di prevenzione e protezione conformi al Titolo III (comma 1) e alla facoltà di sottoporsi alla sorveglianza sanitaria ed alla formazione (comma 2).

Riguardo, invece, al telelavoro parasubordinato, con riferimento ai lavoratori a progetto e a quelli con contratto di collaborazione coordinata e continuativa (nei limiti, ormai molto limitati, entro i quali tali fattispecie sono ancora legittime), il comma 7 dell’articolo 3 del d.lgs. n. 81/2008 si è limitato a ribadire quanto già previsto dall’articolo 61, comma 4, del d.lgs. n. 276 del 2003, ossia la piena applicabilità della normativa antinfortunistica di cui al d.lgs. n. 81/2008 nei soli casi in cui la prestazione di lavoro si svolga nei luoghi di lavoro del committente (nei quali i telelavoratori sono considerati veri e propri “lavoratori” a fini prevenzionistici). Ne deriva che il telelavoratore “parasubordinato” che svolga la sua prestazione fuori dei luoghi di lavoro del committente non avrà, dal punto di vista strettamente legale, alcun obbligo né tutela a livello prevenzionistico. Al riguardo, anche per ovvie ragioni di uniformità delle procedure aziendali e di maggior tutela per un soggetto che ha comunque un contratto con l’azienda, chi scrive consiglia alle aziende committenti del telelavoro parasubordinato che si svolga fuori dai locali dell’azienda di applicare le medesime misure di tutela previste per i telelavoratori autonomi.

Lorenzo FANTINI