E’ compatibile il lavoro con lo stato fisico e mentale di una donna al nono mese di gravidanza? Fino a poco tempo fa l’asticella di questa diatriba era stata posta all’ottavo mese ma le cose sono recentemente cambiate.

La facoltà delle donne di lavorare fino al nono mese di gravidanza è prevista dalla Legge di Bilancio 2019 (Legge n. 145 del 30 dicembre 2018). In particolare all’art 1 comma 485 la legge di bilancio stabilisce che:
“All’ articolo 16 del testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, dopo il comma 1 è inserito il seguente: « 1.1. In alternativa a quanto disposto dal comma 1, è riconosciuta alle lavoratrici la facoltà di astenersi dal lavoro esclusivamente dopo l’evento del parto entro i cinque mesi successivi allo stesso, a condizione che il medico specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato e il medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro attestino che tale opzione non arrechi pregiudizio alla salute della gestante e del nascituro”

Il fatto che il D.Lgs 151 /01 sia direttamente richiamato ci facilita nel collegare il nuovo disposto normativo all’obbligo generale di valutazione dei rischi.
La valutazione veniva effettuata considerando il precedente regime che prevedeva la permanenza al lavoro di norma fino al settimo e, sotto certe condizioni, fino all’ottavo mese di gravidanza. Da questa novità consegue quindi l’obbligo di aggiornare la valutazione dei rischi redatta ai sensi del combinato disposto tra D.Lgs 81/08 e 151/01 in modo che tenga conto dello stato fisico/mentale della donna nel nono mese in stato di gravidanza.

Detto questo, ci si chiede quali siano le lavorazioni che possono essere realisticamente considerate compatibili.
Vanno eliminate da questo novero tutte le mansioni che comportano postazioni erette prolungate e una movimentazione di carichi. Stessa considerazione per le limitazioni/esclusioni introdotte per esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici che andranno confermate o rafforzate. Considerato lo stato fisico mentale della donna a pochi giorni da parto andranno evitate anche le mansioni stressanti e comunque, in generale, gli impegni con elevato carico mentale.
Si ritiene che il datore di lavoro debba considerare anche la distanza del posto di lavoro dall’abitazione e dall’ospedale stesso per un opportuno principio di cautela. Occorrerà infine considerare la gestione dell’emergenza valutando modalità di abbandono del posto di lavoro compatibili con lo stato di gravidanza al nono mese.

Ragionando per esclusione l’unica mansione in cui tale disposto appare applicabile è quella di un’attività di ufficio il cui svolgimento, in ogni caso, andrà valutata con tutte le limitazioni di cui sopra.

Detto ciò, tale possibilità è subordinata al parere del medico competente; la personale opinione di chi scrive è che questa facoltà, ammesso che mai un medico la autorizzi, rimane una disposizione puramente teorica e ampiamente superata dal diritto di condizioni di sicurezza della lavoratrice e dal dovere di garantirgliele da parte del datore di lavoro.

Stefano MASSERA